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Padre Puglisi: Un Pastore con l’odore delle pecore

Una riflessione su don Pino Puglisi

data articolo 10/05/2013 autore Giovanni Chifari categoria articolo ARTICOLI
 
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Il giorno della Beatificazione di don Pino Puglisi al Foro Italico di Palermo
Il giorno della Beatificazione di don Pino Puglisi al Foro Italico di Palermo

Certamente questa recente frase del Papa (giovedì santo messa crismale) bene si addice a Padre Puglisi: povero con i poveri, divide il cibo con loro e si fa uno di loro, in una comunione orizzontale che nasce come risposta della fede, come cammino di conversione, e quindi esercizio di una libertà rinnovata dall’incontro con Cristo e dalla docilità all’azione della grazia che prepara i cuori, disponendoli al servizio. È vero quindi che facciamo esperienza di Dio attraverso la sua umanità, che incontriamo nella Parola, nei Sacramenti, e nei servi autentici e fedeli che ce lo fanno incontrare. Così dev’essere avvenuto per Padre Puglisi e per quanti attraverso di lui hanno fatto esperienza del perdono e dell'amore di Dio. Una frase di Padre Puglisi, tratta da un libretto edito da don Giuseppe Bellia, mi sembra utile da riprendere e sviluppare: «Il Giusto sicuramente troverà degli ostacoli. Lo stesso Luca dice: “Guai quando tutti gli uomini diranno bene di voi” (6,26): significa che il nostro agire non ha inquietato nessuno, mentre le parole del Cristo sono parole disturbatrici, inquietanti che mettono dentro un travaglio che poi si trasforma in sofferenza che conduce a gioia e conversione» (G. Bellia (ed.), Il coraggio della speranza. 100 pagine su don Puglisi, Città Nuova, Roma 2005, 67). Questo passaggio deve averlo sperimentato anche in se stesso. Osserviamo il primato della Parola, che determina travaglio e sofferenza, e da qui gioia e conversione. Padre Puglisi è servo sofferente ma nella gioia e nella pace di chi sta alla presenza di Dio. La sofferenza è travaglio interiore e poi anche esteriore, per le accuse e le calunnie, per le offese e le minacce, che lo conformano e assimilano a Cristo. Malgrado tutto infatti il suo volto era sereno, la sua parola ferma e mite, e trasmetteva pace, dono dello Spirito. Egli ha sperimentato in se stesso la consolazione dell’essere in Cristo, e del rimanere stabilmente in Lui come realtà in grado di sostenere le sue fatiche, anche nel tempo della prova e dell’amarezza. Così come ricorda l’Apostolo, anche Padre Pino poté sperimentare questa Parola: “Gli insulti di coloro che ti insultano sono ricaduti sopra di me” (cf. Rm 15,3; Sal 69,10; Is 53,6; 1 Pt 2,24). Serenità e pace, indicano allora che è il Cristo che era in lui a condividere il peso delle sofferenze. Quale modello allora di servo sofferente? Forse quello di un servo che si lascia conformare a Cristo, vivendo il Vangelo, anzi lasciandosi rendere “contemporaneo del Vangelo” (cf. Von Balthasar: «I Santi nella storia della Chiesa, contribuiscono a far sviluppare nuovamente una teologia della passione <…> determinando una sorta di contemporaneità con il Vangelo»).1 In questo modo egli, come il Cristo, diacono, è pastore con l’odore delle sue pecore, impregnato delle sofferenze del suo popolo, delle attese e delle speranze delle genti, invitando a guardare non a se ma a quel Dio di cui mirabilmente il salmo afferma: Gli occhi di tutti sono rivolti a te in attesa * e tu provvedi loro il cibo a suo tempo. Tu apri la tua mano * e sazi la fame di ogni vivente (Sl 144,15). 1| H. U. Von Balthasar, Teologia dei tre giorni. Mysterium Paschale, Queriniana, Brescia 1971, 1990, 48. La riflessione di cui sopra è stata inviata a Maurizio Artale, presidente del Centro di Accoglienza Padre Nostro, pochi giorni prima del 25 maggio 2013, giorno in cui Puglisi è stato proclamato Beato.

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